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Esselunga: uno spot diventato un caso

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Al centro della polemica (social e non) in questi ultimi giorni di settembre è finita la nuova campagna pubblicitaria di Esselunga, colosso della grande distribuzione, che pochi giorni fa, con la pubblicazione del nuovo spot ha infiammato gli animi e diviso gli utenti dei social in due fazioni.

Lo spot, sarebbe nato dalla volontà dell’azienda di raccontare la storia che c’è dietro l’acquisto di ogni prodotto, richiamando l’attenzione dello spettatore su un momento di vita quotidiana, quello della spesa, attribuendogli un valore più ampio di quello puramente pratico.

Il cortometraggio è stato realizzato, con l’intento di coinvolgere lo spettatore, attraverso le emozioni di una bimba al supermercato con la madre, alla quale chiede di prenderle una pesca, per poi farne dono al suo papà, come fosse stato da parte della mamma. Dalle scene poi, si evince chiaramente che si tratta di una coppia di genitori separati e che la piccola Emma, con quel gesto, frutto della sensibilità pura e semplice, tipica dei bambini, volesse riallacciare in qualche modo, un filo di premura tra i due genitori oramai distanti.

Ma mettere al centro della storia, una tematica così delicata come quella della separazione familiare, vissuta tanto dolorosamente, in particolare da parte dei figli, anche se così drasticamente diffusa, non poteva che sollevare fiumi di considerazioni totalmente contrapposte tra di loro.

Per molti, rappresentare la tristezza negli occhi della bimba, oltre a rimarcare le sofferenze di chi vive quella condizione, finisce con il dar atto ad una vera e propria strumentalizzazione di quelle emozioni, per suscitare empatia e veicolare il focus di chi guarda.

Sul fronte opposto invece, si colloca chi ha percepito la storia di questa famiglia, come densa di tenerezza e il gesto della piccola Emma, come capace di colpire al cuore e commuovere, interpretando al contempo una realtà che poi, è così attuale, da non dover essere più occultata dalla consueta rappresentazione della tipica e idilliaca famiglia “del mulino bianco”.

Verrebbe da chiedersi: Fin dove può spingersi il contenuto di uno spot pubblicitario? E soprattutto, le nostre sensazioni su quale fronte ci schierano: quello della contestazione, nel porre vissuti problematici e delicati al servizio di fini puramente economici?

O il nostro invece, è un plauso al coraggio di correre il rischio di imbattersi in dure polemiche, improntando la divulgazione di un messaggio pubblicitario sul racconto della realtà, anche di quella più sofferta?

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